Storia dell'Elea 9003

Il percorso dell’Elea 9003

Elea 9003 (Macchina 1T), è uno dei modelli di calcolatori mainframe ad altissime prestazioni sviluppati dalla Olivetti facenti parte della famiglia Olivetti Elea. Si tratta del primo computer a transistor commerciale prodotto in Italia ed uno dei primi del mondo.
Fu concepito, progettato e sviluppato tra il 1957 e il 1959 da un piccolo gruppo di giovani ricercatori guidati da Mario Tchou.
Elea 9003 fu anche l'unico della serie a essere realmente commercializzato, in circa 40 esemplari, il primo dei quali (Elea 9003/01) fu installato 

Elea 9003 Foto itisalla Marzotto di Valdagno (VI), mentre il secondo (Elea 9003/02) fu venduto alla Banca Monte dei Paschi di Siena. Di questo esemplare, l'istituto bancario fece in seguito dono all'Itis "Enrico Fermi" di Bibbiena (AR), dove è ancora in funzione, utilizzato a fini didattici, la cui manutenzione è affidata principalmente ad ex tecnici Olivetti che si recano periodicamente presso l'istituto.
All'Elea 9003 è dedicata un'intera sala presso l'InteractionDesignLab di Milano. Un esemplare è inoltre esposto al Design Museum di Londra. Un esemplare è conservato al Museo nazionale della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano e un altro esemplare (in questo caso solo parziale) al Museo delle poste e telecomunicazioni di Roma.
Da un punto di vista esteriore, il calcolatore si presentava composto da moduli compatti «a misura d'uomo»
ben diversi dai consueti grandi armadi che raggiungevano il soffitto. Innovativo era anche il cablaggio tra i diversi moduli: il passaggio dei fasci di cavi, anziché sotto-pavimento, avveniva in eleganti condotti aerei, realizzati con blindosbarre progettate ad hoc. Il progetto, fu presentato nel 1959 alla Fiera Campionaria di Milano. Si tratta di uno dei prodotti di design italiano più rilevanti del ventesimo secolo; Per lo studio di interazione, ergonomia e usabilità, per lo studio degli assemblaggi, della disposizione dei volumi e degli ingombri e per l'innovativa scelta di utilizzare una logica "modulare" (studi e soluzioni che mai erano stati eseguiti prima per un apparecchio di questo tipo) la rilevanza nel campo del design può essere considerata di pari valore di quella nel campo informatico.
Il calcolatore fu donato dalla banca negli anni settanta e, in poco tempo, fu smontato e rimontato nella nuova sede da Mario Babbini, il tecnico che ancora oggi si dedica fortemente a tenerlo in vita e a mostrarlo agli appassionati che si recano a Bibbiena.
Questo esemplare è parzialmente funzionante e viene preservato dall'Istituto Tecnico "Enrico Fermi".

La potenza di calcolo

La potenza di calcolo (di circa 8-10 000 istruzioni al secondo) fu per alcuni anni superiore a quella dei concorrenti e l'uptime - come per tutti i computer dell'epoca - era inferiore al 50%, specialmente nella periferica a nastro. Questo significava avere a disposizione il computer tra la tarda mattina ed il pomeriggio-sera, quando veniva riconsegnato ai tecnici. La necessità di disporre di 300 000 transistor e diodi molto affidabili per ogni calcolatore convinse Adriano Olivetti a realizzare una fonderia, denominata Società Generale Semiconduttori (SGS), in cooperazione con la società Telettra. La SGS diventerà in seguito la ST Microelectronics.
Il computer disponeva di una memoria a nuclei di ferrite di 20 000 posizioni, estendibile fino a 40.000. Il concetto di "word" non esisteva, e in una posizione di memoria si poteva scrivere un solo carattere alfanumerico. Una "istruzione" era composta da 8 caratteri e veniva letta in 80 microsecondi. Il tempo di esecuzione di una istruzione era variabile e dipendente dal tipo dell'istruzione stessa. Il sistema non disponeva di un sistema operativo, esigenza allora sconosciuta, e lo si poteva programmare mediante linguaggio base o linguaggio macchina, cioè scrivendo tutto il programma istruzione per istruzione.