La prima ondata della storia del femminismo: l’uguaglianza giuridica
I primi movimenti di rivendicazione dei diritti delle donne nascono in Europa verso la fine del ‘600 ma si dovrà aspettare quasi un secolo, fino allo scoppiare della Rivoluzione francese per il suo sviluppo.In quel periodo in Europa si diffondeva una nuova cultura illuminista, basata su principi di libertà e uguaglianza, che segnava il declino dell’assolutismo monarchico.
Nel 1789 viene redatta la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, che si può considerare il fondamento delle costituzioni moderne, essa però si rivolgeva solo a persone di sesso maschile.
Marie Gouze, detta Olympe de Gouges, nel 1791 scrive la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina, chiedendo che i principi della Rivoluzione fossero effettivi anche per le donne.
Nel 1792 l’inglese Mary Wollstonecraft scriverà "A Vindication of the Rights of Woman" (Rivendicazione dei diritti della donna), una critica al sistema educativo dell’epoca, che escludeva le donne e le relegava ai margini della società.
Suzanne Voilquin diventa redattrice della Tribune des femmes (la prima rivista femminista della classe operaia), sulla quale difende l’istruzione e l’indipendenza economica delle donne e critica l’ingiustizia di essere escluse dagli affari pubblici.
La rivista invitava le donne proletarie ad allearsi con quelle appartenenti alla classe più privilegiata, per far nascere una nouvelle femme (una donna nuova).
Qualche anno più tardi, si assisterà alla nascita del movimento per il suffragio femminile, conosciuto come movimento delle “suffragette”.
Intorno al 1920, il diritto di voto era già stato allargato alle donne nella maggior parte dei Paesi occidentali. Per poter votare, le italiane dovranno invece aspettare fino al 2 giugno del 1946, quando si votava contemporaneamente per l’elezione dell’Assemblea costituente e per il referendum che chiedeva di scegliere tra la Monarchia o la Repubblica.
La seconda ondata: sesso, matrimonio, maternità, lavoro Il femminismo della seconda ondata si sviluppa negli Stati Uniti nel corso degli anni 60, per poi diffondersi negli altri Paesi occidentali. La seconda ondata allarga il dibattito a questioni quali la sessualità, la famiglia, il lavoro e i diritti riproduttivi. Sono gli anni, in cui in alcuni Paesi, per le donne diventa finalmente legale abortire, divorziare e prendere misure contraccettive (e quindi assumere il controllo del proprio corpo). La seconda ondata nasce in reazione alle condizioni di isolamento psicologico e sociale delle donne degli anni 50: i diritti politici non sono più unica condizione sufficiente per la parità, e la presa di coscienza femminista si concentra ora sulla differenza sessuale, che contribuisce a un sistema in cui le donne si trovano ancora in posizione di sottomissione. La mistica della femminilità di Betty Friedan, un famoso saggio pubblicato nel 1963, collega le cause dell’infelicità dell'autrice, della depressione e della predisposizione all’abuso di alcol e psicofarmaci delle casalinghe bianche americane all’esistenza di un inganno creato ad hoc dalla società del tempo. Friedan chiama questo senso di insoddisfazione femminile “il problema senza nome”. La mistica della femminilità tocca un profondo tasto dolente in moltissime donne anche al di fuori degli Stati Uniti e favorisce la nascita di fenomeni come il Movimento di Liberazione della Donna, creatosi a Zurigo nel pieno delle rivolte studentesche del 1968.
La terza ondata: gender studies, antiviolenza e femminismo intersezionale Durante gli anni 80 e 90, il femminismo si è istituzionalizzato: in molte università è diventato una materia di studio (cultural studies poi evoluti in women’s studies e gender studies). Si raggiunge una consapevolezza più ampia delle problematiche della diseguaglianza, che contribuisce al formarsi di reti di appoggio. I consultori e i centri antiviolenza, originariamente autogestiti, vengono trasformati in servizi pubblici. In questo periodo della storia del femminismo che è nato e cresciuto il termine intersezionalità e si sono sviluppate nuove tesi come la teoria queer. I principi femministi hanno iniziato ad applicarsi a una più ampia varietà di donne (come per esempio le donne nere e le donne transgender), che erano state praticamente ignorate nell’attività femminista precedente. Per la prima volta, infatti, le donne bianche cisgender ( ovvero quelle che si sentono a proprio agio con il sesso e il genere che sono loro stati attribuiti alla nascita) non sono più le uniche protagoniste dei movimenti di liberazione dalle discriminazioni. Vengono inoltre gradualmente abbandonate pratiche politiche settarie come il separatismo, che crede che per il superamento del patriarcato sia necessaria la separazione delle donne dagli uomini. L’idea di un femminismo unico si modifica sempre di più, fino ad assomigliare a una rete di femminismi.
La quarta ondata: i social network per amplificare le voci La quarta ondata del femminismo si riconosce per la sua diffusione su scala mondiale, dovuta a internet e ai social network, per il suo approccio intersezionale e per la gender fluidity. Viene ribadita e approfondita l’esistenza di una sovrapposizione tra le varie forme di oppressione: razzismo, sessismo, omofobia, classismo e abilismo hanno un’unica radice e vanno combattuti insieme. In questo periodo storico, caratterizzato dal crollo finanziario del 2008 e da tutte le sue conseguenze, la storia del femminismo ritrova una sua vigorosità. L’ascesa dell’hashtag activism ha permesso la rapidissima sensibilizzazione e promozione di questioni inerenti la giustizia sociale.